Preclusione assoluta all’accesso alle procedure di emersione del lavoro irregolare per lo straniero condannato per il “piccolo spaccio”: necessaria una valutazione in concreto della pericolosità
Corte cost., sent. 6 febbraio 2024 (dep. 19 marzo 2024), n. 43, pres. Barbera, red. Navarretta
Con la sentenza n. 43, 6 febbraio 2024 (dep. 19 marzo 2024), i giudici della Corte costituzionale hanno dichiarato l’illegittimità dell’art. 103, comma 10, lettera c), del decreto legge 19 maggio 2020, n. 34 (Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonché di politiche sociali connesse all’emergenza epidemiologica da Covid-19), convertito, con modificazioni, nella legge 17 luglio 2020, n. 77, nella parte in cui, nel prevedere i «reati inerenti agli stupefacenti», non esclude il reato di cui all’art. 73, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza).
Secondo la Corte, la previsione di cui all’art. 103, comma 10, lettera c) citato si pone in contrasto con i principi di ragionevolezza e proporzionalità di cui all’art. 3 Cost., nella misura in cui inibisce, in via automatica, l’accesso alle procedure di emersione del lavoro irregolare e di stipula di contratti di lavoro previste dal d.l. 19 maggio 2020, n. 3 agli stranieri condannati per il reato di cui all’art. 73, co. 5, D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (c.d. piccolo spaccio). Tale preclusione esprime una presunzione assoluta di pericolosità dello straniero che appare arbitraria perché non risponde a dati di esperienza generalizzati e riassumibili nella formula dell’id quod plerumque accidit: la scarsa offensività del reato non giustifica la presunzione e non è idonea a fondare un giudizio automatico di perdurante pericolosità del condannato. Spetterà, dunque, all’apprezzamento discrezionale dell’amministrazione valutare, in concreto, la pericolosità del soggetto richiedente, sulla base di indici quali il tempo trascorso dalla commissione del reato, l’avvenuta espiazione della pena, il percorso rieducativo seguito e il comportamento successivo all’esecuzione della pena.