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01 Aprile 2025

Detenzione extraterritoriale in Albania dei migranti da espellere. Alcune prime (preoccupate) considerazioni

Decreto legge 28 marzo 2025, n. 37, recante "Disposizioni urgenti per il contrasto dell'immigrazione irregolare"

Desta molteplici preoccupazioni il nuovo decreto legge governativo  (n. 37/2025) in materia di immigrazione appena pubblicato in Gazzetta ufficiale.

Il Cpr  - centro di permanenza per i rimpatri  - mai utilizzato finora, localizzato a Gjader, Albania, cambia ‘utenza’.

Esso era stato concepito esclusivamente per i richiedenti asilo soccorsi in acque internazionali dal Protocollo Italia Albania del 14 novembre 2023, la cui domanda fosse stata rigettata all’esito delle c.d. procedure accelerate di frontiera[1].

Detta struttura, collocata appunto a Gjader, nell’entroterra albanese, ha una capienza di 144 posti ed affianca le altre due strutture, una riservata all’accertamento dei presupposti per il riconoscimento della protezione internazionale (880 posti), l’altra in funzione di penitenziario da 20 posti.

Chi saranno, dunque, i nuovi destinatari del ‘trasferimento’ in quella struttura detentiva in territorio albanese -  deciso insindacabilmente dalla direzione dell’immigrazione e polizia delle frontiere presso il Ministero dell’interno - sulla base del nuovo decreto-legge 28 marzo 2025, n. 37 (Disposizioni urgenti per il contrasto dell’immigrazione irregolare), varato il 28 marzo e in vigore dal 29 marzo?

Potranno essere i migranti colpiti da un decreto di trattenimento del questore, già convalidato o prorogato dai giudici di pace (competenti in materia), e cioè quelli già sottoposti al regime del trattenimento, come disciplinato dall’art. 14 del testo unico immigrazione, nell’ambito di una procedura di espulsione.

È la prima volta che si realizza una detenzione fuori dai confini della Ue a fini espressamente espulsivi e ciò suscita gravi interrogativi sotto il profilo della tutela dei diritti fondamentali della persona.

Tale fattispecie, in primo luogo, non è normata dal diritto europeo.

La a direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, c.d. rimpatri, attuata in Italia nel 2011, è infatti ancora in vigore e non disciplina ipotesi del genere (sebbene una proposta di regolamento da parte della Commissione presentata lo scorso 11 marzo 2025 aprirebbe a non meglio precisati ‘return hub’[2]).

La previsione in oggetto viene introdotta dal decreto-legge 37/2025 attraverso una modifica della legge 14/2024, di ratifica del summenzionato Protocollo Italia Albania, oggi sostanzialmente bloccato per la controversa interpretazione della categoria dei c.d. paesi terzi sicuri sottoposta al vaglio della Corte di Giustizia Ue[3].

Da oggi i migranti detenibili in Albania non saranno dunque più “esclusivamente” [4]coloro che sono stati soccorsi in acque internazionali dalle autorità italiane ma anche gli ‘espellendi’ dal territorio italiano.

Le stringate disposizioni del d.l. 37/2025, contenute in un unico articolo, sono assai laconiche.

Oltre che sulla legge di ratifica si interviene sull’art. 14 del testo unico immigrazione.

Dopo avere introdotto all’art. 14, comma 1, secondo periodo, la facoltà per il Ministero dell’interno di “disporre il trasferimento in altro centro” – ovvero la struttura di cui alla lettera B) dell’allegato 1 al Protocollo Italia Albania (il Cpr) -, si inserisce al comma 5 la seguente previsione “è fatta salva la facoltà di disporre, in ogni momento, il trasferimento dello straniero in altro centro, ai sensi del comma 1, secondo periodo. Il citato trasferimento non fa venire meno il titolo del trattenimento adottato e non è richiesta una nuova convalida”.

La nuova norma mal si concilia, in primo luogo, proprio con il comma 1 del medesimo articolo 14 t.u.imm., che al primo periodo stabilisce che lo straniero in esecuzione di un decreto di espulsione con accompagnamento alla frontiera deve essere trattenuto nel Cpr più vicino. Da oggi, invece, il Ministero dell’interno può disporne il suo trasferimento nel Cpr in territorio albanese.

Quale la ratio di una tale previsione?  Quali i presupposti, le modalità e le condizioni poste alla base di una decisione di trasferimento, avente natura puramente amministrativa? Quali i rimedi difensivi esperibili?

A volere comparare la questione con quanto vigente in ambito propriamente carcerario, il trasferimento dei detenuti (da un penitenziario all’altro) è disciplinato da una norma di fonte primaria, l’art. 42 dell’ordinamento penitenziario, la quale lo consente per “gravi e comprovati motivi di sicurezza, per esigenze dell’istituto, per motivi di giustizia, di salute, di studio e familiari”.

Nel caso del trasferimento del trattenuto non si indica alcuno di tali motivi e l’assoluta carenza di regolamentazione è particolarmente grave perché lo straniero viene trasferito d’imperio fuori dai confini nazionali, in un Cpr impossibile da raggiungere sia i per difensori che per i familiari.

Un primo profilo di incostituzionalità appare evidente, ovvero l’irragionevole disparità di trattamento degli stranieri trattenuti in Albania rispetto a quelli ristretti nei Cpr collocati in Italia, sia  in ordine all’effettivo esercizio del diritto di difesa, sia in ordine al godimento di alcuni diritti, come quello di essere visitati liberamente dai familiari.

L’art. 21, c. 1, del D.P.R. 394/99 (regolamento di attuazione del testo unico immigrazione) sancisce, infatti, che le “ modalità del trattenimento devono garantire, nel rispetto del regolare svolgimento della vita in comune, la libertà di colloquio all'interno del centro e con visitatori provenienti dall'esterno, in particolare con il difensore che assiste lo straniero, e con i ministri di culto, la libertà di corrispondenza, anche telefonica, ed i diritti fondamentali della persona (..)”.
Come potranno essere garantiti questi diritti ai trattenuti in Albania?

La compressione del diritto di difesa è evidente. La predisposizione dei ricorsi in materia di espulsione, anche in Cassazione, non sarà agevolata dalla lontananza e la sostanziale impossibilità per i difensori di incontrare i loro assistiti in presenza incide sull’effettività del diritto stesso.

La competenza a decidere sulle richieste di proroga del trattenimento da parte del questore dovrebbe essere dell’ufficio del Giudice di pace di Roma, così come le eventuali istanze volte a chiedere il riesame della misura (facoltà prevista dalla direttiva rimpatri). Tuttavia, il decreto appena varato nulla dice sul punto.

Urgente e delicata la questione delle modalità del trattenimento, qui extraterritoriale, nel silenzio assoluto della normativa anche per i trattenuti su suolo italiano. Sul punto dovrà esprimersi la Corte Costituzionale a seguito dell’ordinanza del Giudice di pace di Roma dello scorso 17 ottobre.[5]

Ancora tutta da chiarire anche se i migranti trasferiti saranno rimpatriati nei paesi d’origine dall’Albania o dovranno transitare nuovamente dall’Italia. Sul punto il Protocollo Italia Albania sembra escluderlo. La questione della clausola di invarianza finanziaria (art. 2) è inevitabilmente da collegarsi a tale questione.

 

 

 

 

 

[1] Ai sensi dell’art. 7-bis del d.l. 20/2023, convertito con legge 50/2023.

[2] https://rivista.eurojus.it/verso-un-nuovo-regolamento-europeo-sui-rimpatri-tra-le-novita-il-nodo-dei-return-hubs/).

[3] La decisione è prevista entro l’estate. Nell’udienza pubblica dello scorso 25 febbraio davanti alla Grande Sezione della Corte, sui casi Alace e Canpelli, due le questioni fondamentali: se un Paese di origine possa definirsi sicuro in presenza di eccezioni relative a categorie di persone e come i giudici nazionali possano controllare se la designazione è legittima (sul punto si v. C. Siccardi, Le procedure Paesi sicuri e il Protocollo Italia Albania alla luce della più recente giurisprudenza: profili di diritto costituzionale https://www.dirittoimmigrazionecittadinanza.it/archivio-saggi-commenti/saggi/fascicolo-n-1-2025-1/1693-le-procedure-paesi-sicuri-e-il-protocollo-italia-albania-alla-luce-della-piu-recente-giurisprudenza-profili-di-diritto-costituzionale?fbclid=IwZXh0bgNhZW0CMTEAAR1J9p_eB3BVSzRfFDEUdNewex1tirlBwyt5rfHDSJzDKwMwtLKawdd6LnM_aem_nMH22kByebGoK4XJbKk3IA) -.

[4] Art. 1, c. 1, lett. a) d.l. 37/2025, stabilisce che all’art. 3 della legge n. 14/2024, al comma 2, la parola “esclusivamente” è soppressa.

[5] http://penale.clinicalegaleunimi.it/it/documento/lart-14-co-2-del-tu-immigrazione-al-vaglio-della-consulta/52